Elisa Botti: una pedagogista al Sigonio

Abbiamo intervistato Elisa Botti, docente di sostegno del Sigonio.

Elisa Botti

Perché ha deciso di diventare insegnante e quale percorso di studi ha svolto?

«È successo quasi per caso: non ho deciso di diventare insegnante, ma è stato questo lavoro che mi ha trovata. Dopo il diploma magistrale, ottenuto frequentando il Sigonio, ho poi proseguito gli studi laureandomi in Scienze dell’Educazione, una facoltà che mi ha appassionata molto. Sono entrata nel mondo del lavoro con l’idea di occuparmi del sociale in seguito alla mia esperienza come educatrice in un carcere. 
Purtroppo, nella vita non c’è mai nulla di programmato e sicuro: infatti, prima di approcciarmi alla scuola, ho svolto tre professioni diverse. Ho iniziato a lavorare come supplente in una scuola per bambini sordomuti, per poi occuparmi degli adulti disabili nel centro diurno e infine, sono stata assunta come pedagogista nelle scuole dell’infanzia. È stato lì che mi sono appassionata all’insegnamento e, in seguito alla specializzazione, ho insegnato nelle scuole materne per 15 anni, per poi passare alla primaria e, infine, passare di ruolo proprio qui al Sigonio».



Che rapporto ha con gli altri colleghi?

«Mi piace instaurare un rapporto di collaborazione con gli altri colleghi, creando progetti anche di tipo trasversale e non solo didattico, quando c'è disponibilità da entrambe le parti. Ci sono diversi insegnanti con cui mi trovo meglio, infatti collaboro con gli educatori di sostegno presenti nella scuola».

 
Quali ruoli svolge all’interno della scuola? 
«I ruoli che svolgo all’interno della scuola sono diversi: infatti sono innanzitutto insegnante di sostegno, ma anche referente di caso, segretaria per un consiglio di classe, partecipante del gruppo formativo del Pnrr, referente Pcto e anche docente tutor. Alcuni di questi ruoli mi sono stati affidati automaticamente dalla scuola, per altri, sono stata io stessa a propormi. Ad esempio, per il ruolo di docente tutor, ho deciso di propormi, in quanto è mio interesse aiutare gli studenti a raggiungere e realizzare i loro sogni».


Dato il suo ruolo da insegnante tutor, quali consigli darebbe agli studenti per individuare il percorso formativo adatto a loro?

“Il primo consiglio che ci tengo a dare ai ragazzi è sicuramente quello di avere curiosità. Personalmente credo che questo sia un punto fondamentale, in quanto permette agli studenti di riconoscere e creare collegamenti fra le varie discipline scolastiche. Sviluppare questa capacità metacognitiva permette, inoltre, di arricchire il bagaglio personale per quanto riguarda lo sviluppo delle competenze future. Trovo fondamentale anche riuscire a confrontarsi e a mettersi in gioco con i docenti, cercando di trovare occasioni in cui poter esporre le proprie prerogative all'interno delle discipline, e ciò risulterá una grande competenza utile per il futuro sia scolastico che lavorativo. Un altro consiglio che mi sento di dare è quello di sfruttare al massimo le esperienze extra curriculari, per cercare di comprendere quali siano gli ambiti a cui i ragazzi sono principalmente interessati e in cui sentono di riuscire ad esprimere al meglio tutte le loro capacità».


I viaggi d’istruzione sono davvero necessari nell’offerta formativa?

«Ritengo che i viaggi di istruzione siano necessari se strutturati come esperienze e non come, invece,vengono programmati ad oggi. 
Queste esperienze devono concedere agli studenti delle occasioni, tra cui la conoscenza del contesto e delle varie esperienze sociali e culturali dei paesi ospitanti come, ad esempio, fece Don Milani, noto sacerdote e maestro che fondò la sua scuola popolare per i ragazzi più poveri, in provincia di Firenze».


Quali sono le sfide più urgenti del sistema scolastico italiano?

«Per me il sistema scolastico italiano sarebbe da rivedere e stravolgere continuamente. Siamo in un’epoca di innovazione, e penso che all’interno dell’istruzione bisogni unire quello che è il concetto di scuola tradizionale a quella che è la modernità, introducendo, per esempio, l’utilizzo di dispositivi tecnologici maggiormente rispetto a quanto vengano sfruttati ad oggi. Non bisogna però eliminare completamente quello che è stato il sistema scolastico italiano per decenni, poiché il rischio è quello di sbilanciarsi troppo verso una nuova dimensione, che causi l’abbandono di alcune caratteristiche classiche ed essenziali dell’istituzione scolastica. Credo comunque che ci troviamo all’interno di un processo di innovazione, ma che ancora non sia abbastanza».

Redazione Sigonio

Linda 3ªA

Laura 3ªA